RITROVARSI
"Buon appetito, gentili ospiti. Oggi si unisce a noi la signora Laura di Milano, che ha deciso di soggiornare qui. Accoglietela con calore e aiutatela a inserirsi". Così la direttrice della casa di riposo "Il Sorriso dieta vegetariana" annuncia il mio arrivo. Visi sorridenti si sporgono a guardarmi. Dopo l'ottimo pranzo mi ritiro in camera a riposare. Per me, che sono disabile, il viaggio è stato faticoso e anche malinconico: che tristezza l'alveo del fiume in secca, che tristezza le colline brulle, cui la siccità ha negato i colori pittoreschi dell'autunno. In sottofondo i commenti dei miei cari: "vedrai che non ti piacerà, ti lamenterai come tuo solito, verremo a riprenderti".
Più tardi scendo nella sala comune, in cerca di compagnia e di amicizia. Un'infermiera mi porge una tazza di tè e ha voglia di chiacchierare: mi racconta che la direttrice ha aperto la casa con i risparmi del suo lungo lavoro di badante, che la cuoca Samira e l'orticultore Alì sono giovani sposi del Marocco. Mi dice anche che nella casa vivono parecchie persone dimenticate dai parenti, ma accudite amorevolmente da tutto il personale. Chissà, forse ho fatto la cosa giusta.
Seduti a un tavolo verde, tre vecchietti giocano a carte. Uno si alza e si avvicina:" Signora, io l'ho osservata a pranzo: noi ci conosciamo". Che succede? Nelle case di riposo si abbordano e magari si molestano le vecchiette disabili? "Signore, io non la conosco". "Ora che sento la tua voce, ne sono sicuro: tu sei Laura, la ragazza bruna dagli occhi sognanti che studiava lettere a Pavia. Osserva l'onda dei miei capelli e la mia proverbiale magrezza: mi riconoscerai". "Sì! Ora ricordo, il biondino dal ciuffo ribelle che si laureava in scienze politiche. È incredibile!"
"Sono immensamente felice di ritrovarti, Laura. Gli amici ora mi chiamano per la partita, poi ci rivediamo e riprendiamo il discorso interrotto 70 anni fa".
Una folla di ricordi mi assale: la "littorina" che partiva da Vercelli percorreva la Lomellina, terra di risaie, e approdava a Pavia. Io, matricola di lettere all'Università, salivo a metà percorso e mi univo agli amici studenti. Alle fermate prendevano posto folti gruppi di persone: studenti delle varie facoltà universitarie, medici dell'ospedale San Matteo, signore "bene" che andavano in città dalla sarta o dal parrucchiere.
In una stazioncina sperduta tra i campi saliva Lorenzo e con lui era bello conversare, perché non si limitava allo sport né agli approcci con le giovani mondine, più facili da sedurre di noi studentesse. I nostri discorsi vertevano su letture impegnate, musica, cinema, sogni nel cassetto e proseguivano nel tragitto dalla stazione all'Università.
Finì in un baleno l'anno accademico, venne l'estate e io salii su altri treni. Venne l'autunno, la mia famiglia si trasferì, io cambiai università e la mia vita prese altre strade. Non vidi più Lorenzo ma non lo dimenticai e il ricordo di lui fu un raggio di sole nei momenti bui della vita. E ora eccoci qui, la sorte benevola ci ha riavvicinati.
La voce della direttrice mi richiama alla realtà presente: "Andremo a visitare l'orto e il frutteto, dove i prodotti, curati dal nostro Alì, crescono naturalmente senza pesticidi né concimi chimici, per comparire sulla nostra tavola nelle ricette di Samira. Vi chiedo solo un piccolo contributo per il pullmino elettrico del Comune". Io sussurro: "non posso, sono disabile". La voce di Lorenzo alle mie spalle: "Tu verrai, Laura, perché io ti aiuterò; la mia vista è compromessa, ma le mie mani sono ancora ben salde".
Ebbene sì, ho fatto la cosa giusta. Sarò accudita e l'amicizia di Lorenzo mi scalderà il cuore. Leggerò per lui il Corriere e lo commenteremo insieme, poi lui mi aiuterà a camminare. Rimpiangeremo tutto ciò che fra noi poteva essere e non è stato, ma avremo ancora giorni sereni. Non è mai troppo tardi
MARIA ANTONIETTA BELOTTI